Il petrolio ha avuto un aumento nel suo prezzo all’indomani dell’accordo di riduzione della produzione faticosamente raggiunto tra i Paesi dell’Opec. Chiaramente la riduzione di produzione comporta un calo dell’offerta mentre la richiesta rimane altissima, specialmente a causa dell’abnorme necessità dei Paesi economicamente trainanti oggi, come la Cina e l’India ma anche per il fabbisogno di altri Paesi industriali.
L’effetto inevitabile di questo “gioco” economico è l’incremento del prezzo del greggio, strettamente legato all’andamento borsistico. La risalita del prezzo del greggio, infatti, aveva dato una boccata d’ossigeno alle Borse internazionali ma all’interno dell’Opec spirano venti gelidi: diversi Paesi firmatari dell’accordo che dovrebbe trovare conferma alla Conferenza di Vienna il 30 novembre prossimo, con diverse motivazioni hanno richiesto l’esenzione dalla riduzione di produzione assegnata, svuotando, di fatto, di contenuti l’accordo stesso.
La naturale conseguenza di tutto questo è una ripresa del calo del prezzo del greggio che sta trascinando al ribasso le Borse. Il mercato obbligazionario, di conseguenza, ha perso nel mese a livello globale il 3%, peggior dato dal 2010